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Una risposta »

  1. veeera ha detto:

    Non appena terminata la lettura del romanzo “L’IBISCO VIOLA” , ho sentito il bisogno di scrivere queste righe perché sono stata sommersa da un vortice di pensieri e turbamenti.
    Il ritmo narrativo del libro è stato lento per tutta la prima parte vivacizzandosi poi con l’ingresso in scena di nuovi personaggi e scritto in modo semplice, scorrevole con alcuni riferimenti alle espressioni in lingua nigeriana.
    Per tutto il testo ho sentito il peso del dramma subito dalla quindicenne Kambili, paralizzata dall’amore-odio per il padre, che pretende di controllare ogni suo pensiero , ogni minuto della sua esistenza e vittima di una religione nera, ottusa, chiusa, cieca, violenta , asfissiante.
    Assenza d’aria, ecco quello che percepivo durante la lettura della prima parte del romanzo, e la presenza costante di una bestia che si aggirava tra le righe. Quel padre dal doppio volto mi ha perseguitato per ore rivelandosi una figura letteraria difficile da dimenticare. In una delle scene più forti del romanzo Kambili deve entrare nella vasca da bagno e aspettare che il padre le versi sui piedi dell’acqua bollente per punirla… in un’altra scena la madre di Kambili, oltre a presentarsi con evidenti segni di violenza su tutto il corpo, confessa ai figli e alla cognata di non aver portato a termine la gravidanza abortendo per l’ennesima volta a causa delle percosse subite dal marito.
    Poi, ad un certo punto, quando proprio non vedevo via d’uscita , la svolta.
    I due ragazzi ottengono il permesso di passare qualche giorno a casa di zia Ifeoma, entrando così in un’altra dimensione: niente agi, molte ristrettezze, ma in compenso affetto, risate, discussioni, la liberta’ di essere come si vuole e di farsi ascoltare.
    Qui i due ragazzi avranno la possibilità di scoprire un altro modo di amare, di vivere la religione e daranno inizio al processo di liberazione, dolorosissimo, dalla loro prigionia emotiva e relazionale.
    Resto sempre molto colpita quando scopro realtà e situazioni molto diverse dalla mia e soprattutto quando realizzo che al giorno d’oggi fa ancora molta differenza nascere in un continente piuttosto che in un altro, in una famiglia piuttosto che in un’altra.
    Mi sono resa conto che quanto accaduto a Kambili in Nigeria, potrebbe tranquillamente essere un vissuto familiare del mio paese o del mio quartiere perché quello che si nasconde dentro le mura domestiche nessuno lo sa: ci possono essere situazioni di benessere ed armonia ma anche realtà violente e brutali come quelle del romanzo.
    Questo libro insegna ad avere coraggio a perseverare nel guardare, nel provare a capire raggiungendo poi quella maturità necessaria per dare eco alla voce di ognuno ribellandosi ad estreme situazioni.

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